Perché
tutta questa attenzione allo story-telling negli ultimi anni? Alla capacità
di presentare tutto come se fosse una storia?
Perché sono le storie a fare importanti gli oggetti, i simboli, le persone.
Questa fragranza dal nome così famigliare quanto insolito per il mondo della
profumeria, abituata a denominazioni esotiche ed evocative, è così complessa che ci regala un’aura gentile e necessaria come l’ossigeno.
A me il XIX marzo fa pensare alla festa del papà (il mio purtroppo non c’è più)
e ricorda anche la data del giorno della mia laurea. È una storia.

La storia narrata da Tiziana Terenzi, attraverso il suo profumo, racconta di
tradizioni popolari legate a una terra ricca e generosa come la Romagna e dei
suoi falò di San Giuseppe (la Focarina di San Giuseppe) un rito che propizia l’equinozio
di primavera e durante il quale, nei campi, si bruciano gli sterpi e i resti delle
potature per fare spazio all’erba giovane e fresca da venire.
XIX March è un estratto che apre con arancio, foglie, menta, ortica, ha nel
cuore lavanda, cannella, germogli di chiodi di garofano, gelsomino, chiude con
i legni di sandalo, cedro, vetiver e con muschio, noce moscata, rosmarino. Unisex, inutile dirlo, come tutta la profumeria artistica. Tanti profumi, tanti odori che, sapientemente accordati come una sinfonia, ci
trasmettono la sensazione dell’aria buona delle colline e delle valli di
Romagna. Una fragranza che è una poesia, un canto antico, una speranza gioiosa con
una vena di malinconia. Pulito, soave e schietto.