giovedì 5 ottobre 2017

In principio era Chiara

Ghost in the shell - quello vero
Prima che i social facessero della condivisione in web un gesto semplice che si traduce in un click, c'erano programmi di sharing come Napsters ed eMule, WinMX ; prima che i cellulari diventassero delle videocamere c'erano le compatte, costosissime.
C'erano i P2P e i torrent per scaricare video e musica. C'erano i Twilight (non la saga dei vampiri). Non era ancora così diffuso Facebook, non era ancora diffuso Twitter.
Prima di ogni vittima di cyberbullismo di questi ultimi anni, c'era Chiara. Chiara da Perugia. Era il 2002 o il 2003 non ricordo bene.
Il video di Chiara (nome fittizio o forse no) minorenne che fa sesso con il suo fidanzato divenne un vero e proprio caso fra gli "addetti ai lavori", gli smanettoni che stavano connessi a quei programmi di file sharing 24 ore su 24.
Il video ebbe anche un titolo "Forza Chiara" da un'esortazione del ragazzo che era con lei. Lui pare avesse preso in prestito una videocamera e avesse convinto la ragazza a farsi filmare, lei non era affatto d'accordo, si vergognava e lui appunto le ripeteva "Forza, Chiara".
Il video amatoriale finì in Rete e una schiera di voyeur del sottobosco, fieri di essere stati in grado di trovarlo e scaricarlo come dei campioni di spionaggio internazionale, cominciarono a passarselo attraverso il P2P.
Ricordo che la ragazza fu riconosciuta soprattutto nella sua città, dove vivere per lei e per la sua famiglia divenne insopportabile. Non c'era ancora Facebook e la gente scriveva insulti non su una pagina o sotto un post ma direttamente, come da tradizione, nei cessi di scuole, bar, locali. Più semplicemente la insultava per strada.
Ricordo che ci fu una denuncia nei confronti del ragazzo che probabilmente era appena maggiorenne. Ricordo che si diceva che Chiara e la sua famiglia avevano dovuto cambiare città.
Mi auguro che oggi sia una donna, se non felice, almeno serena. Mi auguro che la sua famiglia sia una famiglia serena. Mi auguro soprattutto che ci sia.
Questo per dire che la "gente" è brutta anche senza i social e trova comunque il modo di sfogare la propria frustrazione e il proprio senso di fallimento e nullità.
Certo, i social rendono questo istinto becero ancora più facile da mettere in atto, ancora più veloce e ciò che è peggio è che, a volte, proprio la semplicità e l'immediatezza di un click fanno sì che anche chi non vorrebbe far del male lo fa perché il tempo di un "condividi" non è abbastanza per pensare.
La velocità di un click è facile come premere un grilletto soprattutto se la pistola ce l'hai già in mano.

lunedì 18 settembre 2017

Due romanzi di due verità


Nell'ultima domenica di sole di questa estate si è chiusa l'edizione 2017 di Pordenonelegge, un appuntamento che diventa di anno in anno sempre più ricco di proposte interessanti.

Sono andata all'incontro con due autrici molto note, Loredana Lipperini e Caterina Soffici, entrambe con un lavoro recente:
"L'arrivo di Saturno" di Lipperini e "Nessuno può fermarmi" di Soffici.
I romanzi delle autorevoli scrittrici sono accomunati da molti elementi fra questi il primo è la dimensione storica, seppur attraversata dalla narrazione di una "fiction", l'altro è  la ricerca approfondita e credo anche sofferta di fonti e testimonianze.
"L'arrivo di Saturno" ripercorre gli anni '70/'80, in questo caso chiamiamoli pure "gli anni di piombo", riportando alla luce la storia vera della giornalista Graziella De Palo scomparsa, ovvero uccisa, nel 1980 a Beirut mentre seguiva assieme al collega Italo Toni una pista legata al traffico d'armi in Italia e al terrorismo palestinese. 
L'ennesimo caso/mistero italiano su cui è sceso un silenzio imbarazzante.
L'autrice si concede anche una digressione filosofica sul concetto di finzione opposto alla menzogna attraverso la vicenda, stavolta inventata (il che non significa bugia) del falsario Han van Meegeren incaricato di dipingere un Giudizio Universale in un santuario in provincia di Macerata.

http://www.giunti.it/libri/narrativa/l-arrivo-di-saturno/

"Nessuno può fermarmi" invece riguarda una parte di storia italiana che è stata completamente rimossa e ha a che vedere con le comunità italiane a Londra allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1940 al momento della dichiarazione di guerra alla "perfida Albione" da parte di Mussolini, gli italiani di Londra vennero arrestati e successivamente deportati in quanto considerati spie, delatori, collaborazionisti, nemici in casa. Esattamente come accadde coi giapponesi negli USA.
Tra queste deportazioni di italiani, molti dei quali già integrati da almeno due generazioni in Inghilterra, si aggiunse una tragedia all'altra con l'affondamento della Arandora Star, una nave diretta in Canada e piena di "nemici del Regno Unito" che fu silurata, guarda caso, proprio dai tedeschi.

http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/nessuno-puo-fermarmi/#descrizione

Lascio a voi lettori il piacere di scorprire gli intrecci e le verità in questi due romanzi ma vorrei aggiungere una considerazione del tutto personale, visto che sono a casa mia, nel mio blog.
Ho già preso i due romanzi, li leggerò di sicuro perché si tratta di verità alle quali sono interessata e perché le persone che cercano di raccontarle anche aiutandosi con la forma del romanzo e della "finzione" hanno tutta la mia stima. Devo confessare però che se non avessi sentito le autrici parlare del loro lavoro non so se avrei avuto la stessa voglia di leggere i loro libri. Il marketing, la promozione, per quanto io possa essere stata distratta, li avevano presentati quasi come i soliti romanzi di "sentimenti" che scrivono le donne. In particolare su quello di Lipperini hanno insistito sul "rapporto tra due amiche" (perché Lipperini ha conosciuto veramente De Palo) e io al "rapporto tra due amiche" ero già presa dalla noia. Mi dispiace e me ne scuso con l'autrice ma, cara Loredana Lipperini, lei meglio di me sa quanta carta negli ultimi tempi si è spesa su coppie di "amiche per sempre" cercando di agganciare il "fenomeno" Ferrante.
Sono inoltre convinta che se questi libri li avessero scritti degli uomini, sulle pagine di quotidiani e periodici vari le grandi firme si sarebbero sperticate in lodi per "il caso riportato alla luce" per il coraggioso lavoro di ricerca e indagine del tale giornalista o romanziere.
D'altronde, si sa, le donne amano e scrivere e leggere di sentimenti. Per fortuna ritengo che anche la Storia sia un sentimento.

giovedì 14 settembre 2017

Scampate per caso

È capitato a tutte noi il momento dell'ottundimento, della stupidità se volete.
Un momento che può durare un decennio, un anno, un mese, anche un giorno perché alle volte anche quel solo giorno può essere di troppo, può essere fatale.
Ogni volta che ci ritroviamo sgomente e incredule a leggere l'ennesimo fatto di cronaca nera che ha a che vedere con il femminicidio o lo stupro.
Ormai il lavoro per i "profiler" all'americana si fa sempre più complicato perché non ci sono parametri fissi di alcun tipo per disegnare la tipologia dell'assassino o potenziale tale. Uomini vecchi o giovani, disoccupati o professionisti affermati, nelle città o nelle campagne, dal passato difficile o dall'infanzia felicissima, amanti dello sport o pantofolai. Chiunque può diventare il nostro assassino. Se siamo ancora qui a leggere e io a scrivere vuol dire che noi non lo abbiamo incontrato, che forse non lo incontreremo mai o che lo abbiamo evitato per tempo.
Immagine da Pinterest - set di Clockwork orange
È proprio qui che entra in gioco quel sottile retropensiero che ognuna di noi, scampata per caso o per fortuna, ha: come ha potuto (la vittima) non accorgersi che quello era matto? Che quello era pericoloso? Come ha potuto non rendersene conto?
Tutte noi, scampate per caso o per "abilità", abbiamo formulato almeno una volta queste domande a noi stesse dando, seppur per un'infinitesima parte, la "colpa" di non essere fuggita in tempo alla povera vittima. Insomma il “come mai non se n'è accorta” è sempre dietro l'angolo.
Con un minimo di frequentazione o informazione per esempio sui centri antiviolenza sulle donne sarebbe più facile capire questo "come mai".
I motivi sono tanti, di tipo culturale, psicologico, antropologico, sociale, tutte sfere in cui la donna si dibatte o viene dibattuta per trovare una collocazione onorevole.
Tra questi sappiamo e scopriamo che spesso il tuo carnefice è anche il padre dei tuoi figli e non riesci a concepire che l'uomo che ha messo metà dei suoi geni nei tuoi figli amatissimi possa essere un brutale torturatore, sarebbe come pensare di loro che per metà sono come lui.
Potrebbe invece essere che tu hai avuto un padre e dei nonni meravigliosi e per te gli uomini sono quella cosa là; persone meravigliose.
Potrebbe essere invece che ti hanno gonfiato di botte fin da piccola e per te è normale prendere botte da un uomo.
La cosa più complicata poi è quella della cultura, di quello che sottilmente ci hanno inculcato anche qui nell'evoluto Occidente, ovvero che gli uomini, sotto sotto, restano sempre un po' bambini capricciosi, che non sono capaci di affrontare il dolore e le difficoltà come noi donne (che culo vero!) e che quindi vanno sostenuti e compresi, incoraggiati e soprattutto accuditi.
Noi donne ci facciamo bastare poco per passare dall'indignazione per dei comportamenti maschili sbagliati alla materna comprensione; un regalino, una parola dolce, un'occhiata da cane bastonato e tutto è perdonato, dimenticato.
Siamo bravissime a dimenticare, a “passarci sopra” come ho sentito ripetere migliaia di volte a tutte le donne della mia famiglia.
Siamo le figlie di un'educazione cattolica e tutte abbiamo una madonnina in casa che ci ricorda che bisogna accogliere e amare, comunque.
Ricordo di aver conosciuto una ragazza molto bella e giovane che aveva perduto la testa per un tipo davvero poco raccomandabile. Tutti i suoi amici e parenti sapevano che quello era un pessimo soggetto e non facevano che ripeterle di lasciarlo stare. Una volta, sfacciatamente, le chiesi cosa ci trovasse in lui e lei mi disse: “alle volte lo guardo quando siamo in camera sua mentre osserva i suoi cocoriti. È così dolce quando fa così”.
Ecco, a lei bastava vederlo come un amante degli animali per esserne completamente soggiogata in barba al fatto che la tradisse, che la trattasse male, che le chiedesse continuamente soldi per comprarsi vestiti e scarpe firmati perché lui non lavorava. Però era uno che amava i suoi pappagallini e in quei momenti "era così dolce".
Possiamo dire di questa ragazza che fosse stupida? Vi garantisco che non lo era affatto eppure... per fortuna poi è riuscita ad allontanarsi da lui.
Tutte noi qui, voi che leggete io che scrivo, almeno una volta nella vita siamo scampate a qualcuno, ammettiamolo. Spesso non lo diciamo per vergogna, per timore, perché abbiamo rimosso ma almeno una volta, anche per una sola sera, il nostro potenziale carnefice lo abbiamo incontrato. È più frequente di quanto non si creda.
Il punto è proprio questo: una donna non dovrebbe vivere come se fosse perennemente sotto il tiro di un cecchino. Gli uomini dovrebbero essere nostri amici, compagni, alleati e non qualcuno da cui guardarsi e cui avvicinarsi con cautela e dopo lunghe analisi di informazioni. Non si può vivere così per troppo tempo nemmeno in guerra, figuriamoci in “tempo di pace”.


venerdì 1 settembre 2017

Io, la Grecia e Lady D

Un Kouros di Paros

Nel 1997, tra la seconda metà d'agosto e i primi di settembre ero in giro per le Cicladi con una compagnia di amici, 
come nei migliori film vacanzieri ma senza le parolacce e le idiozie del cinema italiano degli ultimi tempi.
Fu quello il viaggio che mi fece definitivamente innamorare della Grecia dove tornai altre due volte.Spero di tornarci ancora.
Per un lungo periodo ho tenuto vicino al computer una cartolina comprata in quell'occasione 
come esortazione a me stessa a lavorare meglio e di più per potermi permettere di nuovo un viaggio così. A oggi non ci sono ancora riuscita.
Nei giorni in cui Lady D scorrazzava per l'Europa tra le braccia del suo nuovo e ultimo amore, io ero solita comprare le sigarette presso un chiosco che aveva un po' di tutto a Mykonos, o forse era Ios, non ricordo.
Mi divertivo a decifrare il greco e a capire cosa ordinare per cena e dove svoltare quando giravamo coi motorini, allora senza casco. Usavamo dei soprannomi rimasti ancorati a quel viaggio, cose come: er carota, er murena, er pancera. E vai a ridere.
Per il resto si andava di inglese, tutti i greci lì sapevano l'inglese, a parte qualche anziano.
La ragazza del chiosco teneva una piccola televisione sempre accesa e un pomeriggio mi disse: "Have you heard? Your princess is dead".
In un secondo feci questo ragionamento: "quale principessa? L'Italia è una repubblica, non abbiamo principesse e nemmeno regine". Rimasi a bocca aperta e poi mi girai verso il televisore dove in greco passavano le notizie ma decifrai il sottopancia del loro Tg e capii che Lady Diana era morta. La ragazza mi aveva scambiato per un'inglese.
Nonostante la tragica notizia mi salì un sorriso di soddisfazione per la mia "competenza linguistica" ma non volendo stare a spiegare che in realtà ero italiana, feci appello alla mia faccia tosta e imitando Enrico Montesano quando faceva la signora inglese dissi "Oh my God!"
Ecco, questo è quello che ho da dire su Lady D.

martedì 27 giugno 2017

Se scappi non ti sposo



Rieccoci qua a parlare di differenza d'età in una coppia, cosa che è considerata scandalosa se non “da irresponsabili” quando a essere più grande è la donna.
Si sono appena attutite le esclamazioni di stupore e incredulità sulla coppia neo presidenziale francese di Emmanuel Macron e Brigitte Trogneux che si ricomincia a colpevolizzare una donna per aver scelto un compagno più giovane.
La notizia è di questi giorni e il fatto avvenuto in provincia di Sassari: una sposa lasciata praticamente all'altare decide assieme ai suoi parenti di andare lo stesso al ristorante. Un gesto di grande coraggio e anche di grande dignità, una notizia per la quale “tutti starebbero con la sposa” al cento per cento se non fosse che Nadia (così si chiama) è una trentanovenne con un figlio di cinque anni e lui, il mancato sposo, un militare di carriera ventiquattrenne.
http://www.corriere.it/cronache/17_giugno_27/nadia-abbandonata-all-altare-607d772e-5ab1-11e7-b519-11e7c6330510.shtml

Ecco dunque arrivare i commenti della Rete impietosi sia da parte femminile sia da parte maschile:
Definire una grande una donna che si mette con uno di 24 anni.... Mettendo di mezzo suo figlio????!!!! Se te le cerchi poi le trovi !!!! È il minimo che le potesse capitare!” (donna)

“Lei è stata calcolatrice ed arrivista. Fortuna che lui si è salvato in tempo" (uomo)

"Ma io dico conosciuti pochi mesi fa , poi lui e più giovane di lei cosa pretendeva !!??? Comunque lui poteva evitare l umiliazione questo si .... "(donna)

“Classica quarantenne disperata che si innamora del primo che passa .... poveraccia" (uomo)

Potrete approfondire da soli cercando la notizia sui social o seguendo il link del Corriere, il punto è un altro: una quarantenne che si mette con un uomo, e ribadisco uomo, di ventiquattro anni è una “poveraccia”, una che “se ne voleva approfittare” come se la giovinezza di un maschio fosse un'opportunità preziosa di cui tutte andremmo a caccia, un valore aggiunto in cui si sottintendono scopi sessuali.
Di qui la conclusione che una donna a 40 anni e madre non dovrebbe pensare al sesso, sebbene non credo sia stato quello l'unico motivo che abbia spinto i due fidanzati a prendere la decisione di sposarsi con tanto di prete e di corso prematrimoniale.
Nadia avrebbe dovuto immolarsi sull'altare della maternità e del “casto pudore” invece ha osato cercare di accalappiare un giovanotto aitante e nel pieno della sua forza e bellezza.
Non è forse questa una mentalità che poco si discosta da quelli che vorrebbero incapsulare la figura femminile in un oscuro e oscurante burqa?
Perché non ci si è scandalizzati allo stesso modo quando Flavio Briatore, nato nel 1950, ha sposato Elisabetta Gregoraci, nata nel 1980? O quando Michele Placido (1946) è convolato a nozze con Federica Vincenti (1983).
In quel caso i maschi hanno fatto la parte dei "gran fighi", di quelli che (latente nella mentalità italica) nonostante siano attempati hanno ancora un certo vigore da offrire alle loro spose nel pieno dell'età riproduttiva.
In questo paese sessuofobo e clericale c'è sempre una sottesa connotazione sessuale nel giudicare i rapporti di coppia, in più è radicata la percezione che a esserne gratificata e beneficiata sia sempre la donna.
Cari signori qui di “disperata” c'è solo la massa giudicante e livorosa che si esprime con il medesimo astio superficiale su una coppia che scoppia come sui vaccini, sulla politica interna come sulla geopolitica.
Per quanto mi riguarda: Viva Brigitte, Viva Nadia!

sabato 27 maggio 2017

"Katie" è diverso da "Katja" - Lady Macbeth del distretto di Mcensk

Anche se mi piacciono le trasposizioni cinematografiche delle opere letterarie spesso provo un senso di fastidio quando le storie vengono collocate in altri tempi e luoghi rispetto al lavoro originale.
Confesso di essere rimasta perplessa quando la Sardegna di Milena Agus in Mal di pietre è diventata Provenza nel film di
Nicole Garcia
così oggi scopro con sgomento che una delle mie novelle russe preferite è diventata un film di ambientazione anglosassone.
Si tratta di “Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Nikolaj Leskov che sta per uscire come film diretto dall'inglese William Oldroyd. Così l'eroina che tanto mi aveva incuriosita e coinvolta invece di chiamarsi Ekaterina (ovvero Katja) si chiamerà Katherine.
Probabilmente sarà un bel film, deve uscire in Italia a metà giugno e purtroppo il periodo non è dei più favorevoli, tuttavia anche stavolta sono molto perplessa e vi spiego il perché.
Immagine dal film sovietico del 1989

Quando incontrai la letteratura di Leskov fu una vera rivelazione, finalmente un russo dell'Ottocento che non voleva piacere a tutti i costi ai lettori francesi, inglesi, tedeschi.
Leskov era un autore russo che trattava il suo paese in maniera completamente diversa dai suoi più famosi colleghi come Lev Tolstoj o Turgenev.
Non indugiava in malinconiche descrizioni, già allora da cartolina, degli inverni, delle betulle e delle trojke anzi, spesso le dava per scontate come se tutti noi lettori sapessimo esattamente in quali luoghi si svolgessero gli eventi.
Piuttosto evocava un senso di ineluttabilità, disperazione e devozione che solo chi ha assistito a cerimonie religiose del Credo ortodosso può capire.
Era un autore “pesante” nel concetto di “peso specifico” in cui ogni pagina anche se scorrevole era densa di significati e simboli.
Dunque chi è la Katja che viene accostata dal suo autore alla shakespeariana Lady MacBeth?
Una ragazza bella ma non bellissima piena di vita e di salute che viene data in sposa dal padre a un uomo vecchio, contadino benestante, un uomo arido, taciturno e pragmatico che prende moglie per avere una governante.
Katja si ritrova reclusa in una casa spoglia, essenziale e sappiamo quanto per le donne russe l'essenzialità sia sinonimo di miseria, anche spirituale. Comandata a bacchetta dal marito e dal suocero, ancora più arido e miserabile del figlio Katja sembra destinata a una vita mortalmente noiosa finché non incontra il giovane Sergej con il quale conoscerà l'amore e il sesso. La decisione dei due di far fuori il marito di lei è ineluttabile come lo saranno altre ancora in una escalation di cinica lotta per la sopravvivenza.
A me questa storia ha sempre fatto pensare al film “Il postino suona sempre due volte” tratto da un romanzo del 1934 dello statunitense James M. Cain. Chissà se conosceva Leskov?
Resta il fatto che a differenza di altre eroine da romanzo che soccombono al senso di colpa o alla vergogna del giudizio morale, Katja è come una tigre siberiana in gabbia, una fiera creatura che combatte con tutte le sue forze e la sua astuzia per salvarsi la pelle e l'anima. Una criminale secondo la morale ma lei direbbe che è stata legittima difesa. Una determinazione femminile che è delle donne russe quando decidono di dover sopravvivere o vivere bene ad ogni costo. Nervi e sangue selvaggi come non troviamo in Anna Karenina o in Emma Bovary.

Leskov aveva esperienza di donne che, nel loro essere spietate, erano già oltre la necessità di dipendere dall'amore e dall'approvazione maschile.
In questo senso il nome Katie non tradurrà mai pienamente quello di Katja.

lunedì 1 maggio 2017

Lavoratori, state a casa vostra.


Ogni 1°maggio io la butto sul personale e invece di sentirmi orgogliosa del mio status di lavoratore mi metto a fare il solito riepilogo di tutte le mie esperienze passate e di cosa mi sono sentita dire negli anni durante o dopo i colloqui di lavoro.
Premesso che alla mia veneranda età e con i titoli culturali e le esperienze che ho guadagno meno di uno studente che per arrotondare fa dei lavoretti,
quest'anno ripenso alla faccenda della citazione del "calcetto" da parte del ministro Poletti.
È stato il caso degli ultimi mesi e ha scatenato le ire della Rete ma nessuno si è soffermato a pensare al vero senso di quello che in maniera molto maldestra il ministro aveva voluto significare.
Passo dunque a degli esempi pratici, cose che sono accadute a me personalmente.
In Veneto, dopo un colloquio presso un'agenzia di comunicazione mi è stato detto "pane al pane" che andavo bene ed avevo tutte le caratteristiche per la posizione da occupare tranne una: non ero veneta e da queste parti per avere che fare con i clienti bisogna saper fare battute in dialetto.
Presso una piccola casa editrice mi è stato detto che andavo benissimo ma che per ricoprire quella posizione c'era un'altra persona in lizza e questa era la figlia di un assessore provinciale, quindi...
Presso uno studio di architetti in cui avrei dovuto occuparmi di contatti con la Russia, dopo avermi fatto un colloquio il sabato mattina alle nove, mi è stato detto "va benissimo ma Lei si intende di illuminotecnica?" Essendo laureata in Lingue sarebbe stato un po' difficile ma risposi che avevo imparato tante cose nella vita, avrei imparato anche due rudimenti di illuminotecnica.
Era chiaro che intendevano “rimbalzarmi” per chissà quale altra ragione. Mi congedarono dicendomi “Lei è in gamba, siamo sicuri che sentiremo parlare di Lei”.
Andando ancora più indietro nel tempo potrei elencare che "per lavorare all'università sarebbe stato meglio essere fidanzate con qualcuno che già ci lavorava" o "per lavorare in questa città XY sarebbe meglio avere un fidanzato di XY" e così via.
Questo era il calcetto di cui parlava il ministro: le relazioni, i rapporti più o meno stretti con una comunità sono quelli che ti inseriscono, nel bene e nel male, nel circolo produttivo della comunità stessa.
Lo vedo chiaro e lampante quando incontro persone che con un diploma e un po' (ma proprio poca) di buona volontà lavorano prendendo stipendi che sono il doppio del mio e sono persone nate, cresciute e sposate sempre nel loro piccolo o grande paese, nel paese in cui i genitori sono conosciuti , gli zii sono imprenditori, i fratelli e amici dei fratelli sono gente stimata.
Quindi cari signori se volete lavorare in Italia state a casa vostra e dite ai vostri genitori di buttarsi in politica, mal che vada un posto da contabile o da segretaria non ve lo toglie nessuno.
Buon 1° maggio a tutti/e.

venerdì 24 marzo 2017

Il profumo della scrittura


È appena stato presentato il nuovo profumo di Nobile 1942.
Si chiama 1001 e sa di scrittura, una fragranza a base di papiro.La scrittrice Patrizia Finucci Gallo ha ideato un livre de chevet "Che profumo ha la tua scrittura" che accompagnerà 1001, si tratta di una raccolta di interviste e fra gli autori intervistati ci sono anche io.

1001 Nobile 1942

mercoledì 18 gennaio 2017

Tornerete



Ormai lo predicano anche i sassi che mi faccio vanto del mio essere abruzzese anche se, in fin dei conti ho abitato lì per meno anni rispetto ad altri luoghi ma quella è casa mia e sempre lo sarà.
Ora è dura, durissima, neve e gelo ed esondazioni e terremoto insieme. Ci sarebbe da scappare, chiunque si produrrebbe in mille gesti scaramantici piuttosto che pensare di "andare là". Invece io sono convinta che tornerete sulle nostre coste così accoglienti con i bambini e gli anziani, che tornerete a fare passeggiate in montagna, sulle nostre montagne più antiche e misteriose delle belle Alpi.
Tornerete a mangiare i fritti e le olive all'ascolana, a bere il rosso Piceno, il Trebbiano d'Abruzzo. Tornerete perché tornerà il sole, il vento profumato di pini dal mare, il canto dei ruscelli e dei fiumi torneranno. Il boato della terra si trasformerà in grano dorato e fichi succosi. Tornerete perché i vostri cuori, una volta passati da noi non se ne andranno "nemmeno se li sparano".