sabato 27 maggio 2017

"Katie" è diverso da "Katja" - Lady Macbeth del distretto di Mcensk

Anche se mi piacciono le trasposizioni cinematografiche delle opere letterarie spesso provo un senso di fastidio quando le storie vengono collocate in altri tempi e luoghi rispetto al lavoro originale.
Confesso di essere rimasta perplessa quando la Sardegna di Milena Agus in Mal di pietre è diventata Provenza nel film di
Nicole Garcia
così oggi scopro con sgomento che una delle mie novelle russe preferite è diventata un film di ambientazione anglosassone.
Si tratta di “Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Nikolaj Leskov che sta per uscire come film diretto dall'inglese William Oldroyd. Così l'eroina che tanto mi aveva incuriosita e coinvolta invece di chiamarsi Ekaterina (ovvero Katja) si chiamerà Katherine.
Probabilmente sarà un bel film, deve uscire in Italia a metà giugno e purtroppo il periodo non è dei più favorevoli, tuttavia anche stavolta sono molto perplessa e vi spiego il perché.
Immagine dal film sovietico del 1989

Quando incontrai la letteratura di Leskov fu una vera rivelazione, finalmente un russo dell'Ottocento che non voleva piacere a tutti i costi ai lettori francesi, inglesi, tedeschi.
Leskov era un autore russo che trattava il suo paese in maniera completamente diversa dai suoi più famosi colleghi come Lev Tolstoj o Turgenev.
Non indugiava in malinconiche descrizioni, già allora da cartolina, degli inverni, delle betulle e delle trojke anzi, spesso le dava per scontate come se tutti noi lettori sapessimo esattamente in quali luoghi si svolgessero gli eventi.
Piuttosto evocava un senso di ineluttabilità, disperazione e devozione che solo chi ha assistito a cerimonie religiose del Credo ortodosso può capire.
Era un autore “pesante” nel concetto di “peso specifico” in cui ogni pagina anche se scorrevole era densa di significati e simboli.
Dunque chi è la Katja che viene accostata dal suo autore alla shakespeariana Lady MacBeth?
Una ragazza bella ma non bellissima piena di vita e di salute che viene data in sposa dal padre a un uomo vecchio, contadino benestante, un uomo arido, taciturno e pragmatico che prende moglie per avere una governante.
Katja si ritrova reclusa in una casa spoglia, essenziale e sappiamo quanto per le donne russe l'essenzialità sia sinonimo di miseria, anche spirituale. Comandata a bacchetta dal marito e dal suocero, ancora più arido e miserabile del figlio Katja sembra destinata a una vita mortalmente noiosa finché non incontra il giovane Sergej con il quale conoscerà l'amore e il sesso. La decisione dei due di far fuori il marito di lei è ineluttabile come lo saranno altre ancora in una escalation di cinica lotta per la sopravvivenza.
A me questa storia ha sempre fatto pensare al film “Il postino suona sempre due volte” tratto da un romanzo del 1934 dello statunitense James M. Cain. Chissà se conosceva Leskov?
Resta il fatto che a differenza di altre eroine da romanzo che soccombono al senso di colpa o alla vergogna del giudizio morale, Katja è come una tigre siberiana in gabbia, una fiera creatura che combatte con tutte le sue forze e la sua astuzia per salvarsi la pelle e l'anima. Una criminale secondo la morale ma lei direbbe che è stata legittima difesa. Una determinazione femminile che è delle donne russe quando decidono di dover sopravvivere o vivere bene ad ogni costo. Nervi e sangue selvaggi come non troviamo in Anna Karenina o in Emma Bovary.

Leskov aveva esperienza di donne che, nel loro essere spietate, erano già oltre la necessità di dipendere dall'amore e dall'approvazione maschile.
In questo senso il nome Katie non tradurrà mai pienamente quello di Katja.

lunedì 1 maggio 2017

Lavoratori, state a casa vostra.


Ogni 1°maggio io la butto sul personale e invece di sentirmi orgogliosa del mio status di lavoratore mi metto a fare il solito riepilogo di tutte le mie esperienze passate e di cosa mi sono sentita dire negli anni durante o dopo i colloqui di lavoro.
Premesso che alla mia veneranda età e con i titoli culturali e le esperienze che ho guadagno meno di uno studente che per arrotondare fa dei lavoretti,
quest'anno ripenso alla faccenda della citazione del "calcetto" da parte del ministro Poletti.
È stato il caso degli ultimi mesi e ha scatenato le ire della Rete ma nessuno si è soffermato a pensare al vero senso di quello che in maniera molto maldestra il ministro aveva voluto significare.
Passo dunque a degli esempi pratici, cose che sono accadute a me personalmente.
In Veneto, dopo un colloquio presso un'agenzia di comunicazione mi è stato detto "pane al pane" che andavo bene ed avevo tutte le caratteristiche per la posizione da occupare tranne una: non ero veneta e da queste parti per avere che fare con i clienti bisogna saper fare battute in dialetto.
Presso una piccola casa editrice mi è stato detto che andavo benissimo ma che per ricoprire quella posizione c'era un'altra persona in lizza e questa era la figlia di un assessore provinciale, quindi...
Presso uno studio di architetti in cui avrei dovuto occuparmi di contatti con la Russia, dopo avermi fatto un colloquio il sabato mattina alle nove, mi è stato detto "va benissimo ma Lei si intende di illuminotecnica?" Essendo laureata in Lingue sarebbe stato un po' difficile ma risposi che avevo imparato tante cose nella vita, avrei imparato anche due rudimenti di illuminotecnica.
Era chiaro che intendevano “rimbalzarmi” per chissà quale altra ragione. Mi congedarono dicendomi “Lei è in gamba, siamo sicuri che sentiremo parlare di Lei”.
Andando ancora più indietro nel tempo potrei elencare che "per lavorare all'università sarebbe stato meglio essere fidanzate con qualcuno che già ci lavorava" o "per lavorare in questa città XY sarebbe meglio avere un fidanzato di XY" e così via.
Questo era il calcetto di cui parlava il ministro: le relazioni, i rapporti più o meno stretti con una comunità sono quelli che ti inseriscono, nel bene e nel male, nel circolo produttivo della comunità stessa.
Lo vedo chiaro e lampante quando incontro persone che con un diploma e un po' (ma proprio poca) di buona volontà lavorano prendendo stipendi che sono il doppio del mio e sono persone nate, cresciute e sposate sempre nel loro piccolo o grande paese, nel paese in cui i genitori sono conosciuti , gli zii sono imprenditori, i fratelli e amici dei fratelli sono gente stimata.
Quindi cari signori se volete lavorare in Italia state a casa vostra e dite ai vostri genitori di buttarsi in politica, mal che vada un posto da contabile o da segretaria non ve lo toglie nessuno.
Buon 1° maggio a tutti/e.