Ieri,
28 ottobre, è andata in onda la prima puntata di "Questo
nostro amore 70".
Un tocco di originalità sta nel fatto che invece di chiamarla "Questo nostro amore 2" si sono sforzati un po' e hanno pensato di evocare il decennio più controverso e drammatico della nostra storia recente.
Fin dalla prima stagione, pure molto piacevole, avevo pensato che forse c'era stato una sorta di passaggio del testimone nell'amarcord familiare degli "ancora viventi"con la serie "Raccontami" che alla fine della seconda stagione si fermava proprio alle soglie del'67.
La prima stagione di QNA ricomincia proprio da lì, in un'altra città; da Roma si passa a Torino che pure si era vista in "Raccontami" per alcune vicende che riguardavano la giovane Ferrucci, Titti che si intuisce appassionata di questioni sociali e futura barricadera. Non siamo mai arrivati a sapere cosa sarebbe stato di lei e degli altri Ferrucci. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore; ci siamo subito sentiti coinvolti dal romanzesco amore tra il signor Costa e la signorina Ferraris, ammaliati da quelle case di ringhiera senza il garrire delle rondini ma con l'immancabile portiere impiccione.
Anche qui fanciulle in fiore crescono, la classe operaia si emancipa, progetti da sogno all'insegna della speranza.
Abbandonate le minigonne, le donne di QNA 70 indossano stivali scamosciati e cappelli a tesa larga ma sì, sembrano tutte più nervose. Ora lavorano, hanno i loro soldi ma le responsabilità familiari di sempre. Ecco, quella delle nostre madri è stata la prima generazione a doversi sobbarcare tutto: lavoro e famiglia. Erano così orgogliose dell'avere una professione fuori casa che non si accorgevano di quanto poi ci sarebbe costato essere così "multi tasking"in nervi fragili e conflitti in famiglia.
Il punto è che la TV cerca di recuperare un pubblico nuovo e vecchio al tempo stesso, rivuole i bambini che guardavano "Tante scuse" con Sandra e Raimondo o la Goggi al sabato sera.
La TV richiama con il canto delle sirene i quaranta/cinquantenni, quelli che si rivedono nei bambini di QNA 70; quelli che vorrebbero tanto dire a quell'adolescente tanto amante dello studio che: "Sarai tanto brava e volenterosa ma fra 30 anni ti ritroverai scavalcata dal solito figlio di papà" e al ragazzo disorientato e confuso: "Stai attento, il giorno che qualcuno ti chiederà di provare una cosa buonissima, da sballo. Di' di no".
Questa serie non ci fa sognare, ci fa rivedere come eravamo, i bravi bambini che siamo stati, quelli che con tanta immaginazione avrebbero assisitito alla nascita di un mondo davvero nuovo, l'ultima generazione di giovani che abbia pensato al futuro, ancora per un po'.
Un tocco di originalità sta nel fatto che invece di chiamarla "Questo nostro amore 2" si sono sforzati un po' e hanno pensato di evocare il decennio più controverso e drammatico della nostra storia recente.
Fin dalla prima stagione, pure molto piacevole, avevo pensato che forse c'era stato una sorta di passaggio del testimone nell'amarcord familiare degli "ancora viventi"con la serie "Raccontami" che alla fine della seconda stagione si fermava proprio alle soglie del'67.
La prima stagione di QNA ricomincia proprio da lì, in un'altra città; da Roma si passa a Torino che pure si era vista in "Raccontami" per alcune vicende che riguardavano la giovane Ferrucci, Titti che si intuisce appassionata di questioni sociali e futura barricadera. Non siamo mai arrivati a sapere cosa sarebbe stato di lei e degli altri Ferrucci. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore; ci siamo subito sentiti coinvolti dal romanzesco amore tra il signor Costa e la signorina Ferraris, ammaliati da quelle case di ringhiera senza il garrire delle rondini ma con l'immancabile portiere impiccione.
Anche qui fanciulle in fiore crescono, la classe operaia si emancipa, progetti da sogno all'insegna della speranza.
Abbandonate le minigonne, le donne di QNA 70 indossano stivali scamosciati e cappelli a tesa larga ma sì, sembrano tutte più nervose. Ora lavorano, hanno i loro soldi ma le responsabilità familiari di sempre. Ecco, quella delle nostre madri è stata la prima generazione a doversi sobbarcare tutto: lavoro e famiglia. Erano così orgogliose dell'avere una professione fuori casa che non si accorgevano di quanto poi ci sarebbe costato essere così "multi tasking"in nervi fragili e conflitti in famiglia.
Il punto è che la TV cerca di recuperare un pubblico nuovo e vecchio al tempo stesso, rivuole i bambini che guardavano "Tante scuse" con Sandra e Raimondo o la Goggi al sabato sera.
La TV richiama con il canto delle sirene i quaranta/cinquantenni, quelli che si rivedono nei bambini di QNA 70; quelli che vorrebbero tanto dire a quell'adolescente tanto amante dello studio che: "Sarai tanto brava e volenterosa ma fra 30 anni ti ritroverai scavalcata dal solito figlio di papà" e al ragazzo disorientato e confuso: "Stai attento, il giorno che qualcuno ti chiederà di provare una cosa buonissima, da sballo. Di' di no".
Questa serie non ci fa sognare, ci fa rivedere come eravamo, i bravi bambini che siamo stati, quelli che con tanta immaginazione avrebbero assisitito alla nascita di un mondo davvero nuovo, l'ultima generazione di giovani che abbia pensato al futuro, ancora per un po'.
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