
Per
più di duemila anni si è vissuto studiando e declamando l'Iliade e
l'Odissea senza che conoscessimo la vera identità di Omero (era uno,
erano tanti, boh?). In quanto alla saga di re Artù il fatto che non
si sappia chi l'abbia tramandata non ha impedito di crearne il mito,
i film e il merchandising.
Shakespeare poi era davvero l'autore
di tutte quelle belle storie o aveva un ghost-writer? E Marlowe era
veramente un agente segreto undercover?
Veramente il romanzo
"Resurrezione" di Tolstoj narra una vicenda autobiografica
relativa agli anni giovanili del grande romanziere? Davvero aveva
sedotto e abbandonato una poveretta prima di partire militare?
Il
canto della schiera di Igor' è attribuito a un tale Bojan, detto
anche l'Omero russo e come questo altrettanto misterioso, ciò non ha
impedito al mio caro professore Edgardo T. Saronne di farne una
traduzione memorabile.
Tutta questa premessa per dirvi che a me,
in quanto lettrice, di conoscere la vera identità di Elena Ferrante
non interessa proprio. Semmai è un problema suo.
Sì, perché se
per pudore o per opportunità la persona che ha scritto ha preferito
celarsi dietro a uno pseudonimo la questione riguarda solo lei.
Ci
sono tanti motivi per farlo: nei romanzi si parla di fatti molto
personali che coinvolgono gente ancora viva, si vanno a toccare corde
profonde che ci fanno star male, non si vuole far sapere al proprio
vicino di casa o ai parenti di aver aumentato considerevolmente le
proprie entrate...
D'altro canto ci sarebbero anche molte ragioni
per strombazzare a destra e a manca di essere "proprio io quella
lì".
Il caso vuole che io (me medesima) abbia pubblicato un
romanzo con la stessa casa editrice, la gloriosa E/O che stimo e
apprezzo da più di un ventennio per aver tradotto autori dell'est
Europa di cui, una volta letti i nomi, ve ne sareste già
dimenticati.
Personalmente quando faccio qualcosa voglio che mi
venga riconosciuta e voglio essere riconosciuta. Non vedo l'ora,
semmai accadrà, di essere blandita e corteggiata dagli "addetti
ai lavori", lo farei per il mio ego e perché lo troverei un
giusto risarcimento per i torti ricevuti (torti che forse ognuno di
noi può annotare nel suo diario) per tutte quelle volte che qualcuno
si è appropriato di una mia idea e della mia fatica, per tutti
quelli ai quali ho dovuto immeritatamente cedere il posto.
Non
siamo tutti uguali però e c'è chi non ha bisogno del successo per
ottenere una rivincita sulla vita. A qualcuno come alla Ferrante
basta continuare come sempre avendo dei soldi in più, molti, sul suo
conto in banca per fare ciò che più le piace e che forse non è
nemmeno scrivere.
Si dice che all'inizio avesse fatto la scelta di
mandare i suoi romanzi nel mondo senza che venissero offuscati dal
peso dell'autore. Sono perplessa, a quel tempo non era certo Roland
Barthes e nemmeno la Rowling.
Tuttavia questa volontà legittima e
onesta le si è rivoltata contro e oggi è proprio il mistero sulla
sua identità a "impallare" i romanzi della Ferrante.
Prima
viene la caccia all'uomo e solo in seconda battuta le opere.
Mi
chiedo se non fosse stato meglio per lei adattarsi alla fatica di
presenziare a qualche cocktail e stringere mani, far parte di una
prestigiosa giuria e sorbirsi file di aspiranti scrittori in cerca di
consigli e raccomandazioni per poi diventare una donna scrittrice
qualunque.
Invece no, ha preferito diventare "l'enigma
Ferrante" e tutto sommato mi sa che ci ha azzeccato.